Pur nell’incertezza dettata dal conflitto in Ucraina e dal contesto inflattivo, ci si aspetta che il settore “Fusioni e Acquisizioni” confermi il trend di crescita nel 2022
L’ha ribadito a maggio il Merger&Acquisition Summit organizzato da Sole 24 Ore in Assolombarda. Vicino ai 100 miliardi di euro, 85 per esattezza, cifra mai raggiunta prima, il settore è sempre più teatro di transazioni che vedono protagonisti i fondi d’investimento, soprattutto internazionali. Naturalmente la grande massa di liquidità mondiale in cerca di soluzioni di investimenti di rischio spiega l’aumento delle M&A a livello globale, ma c’è anche una contingenza particolare che incoraggia fusioni e acquisizioni: l’entrata sul nostro mercato finanziario dei grandi fondi e l’accelerazione impressa dalla pandemia all’innovazione dei processi aziendali e delle loro strategie a breve-medio termine..
L’economia finanziaria italiana, che per decenni era affidata al ruolo di consolidamento e controllo di grandi gruppi ad opera di ristretti patti di sindacato, è infatti profondamente mutata con l’entrata in campo dei grandi fondi di private equity e infrastrutturali che sul totale mondiale M&A coprono il 43% e in Italia hanno già raggiunto circa un quarto di tutte le operazioni di M&A.
Da parte sua, il mondo industriale e imprenditoriale italiano sta trovando nelle acquisizioni la strada più veloce per quell’innovazione di processi, tecnologie e mercati non raggiungibili con le proprie risorse interne ma resi cruciali dal momentum originatosi all’interno della congiuntura astrale creatasi con pandemia, transizione energetica, digitalizzazione e crisi delle supply chain. Come nel settore bancario molti istituti hanno scelto di acquisire piccole start-up del fintech per garantirsi uno sbocco verso la digitalizzazione dei servizi e i big data, così un po’ tutta l’imprenditoria italiana che ha vissuto negli ultimi 2 anni un’epifania collettiva e una conseguente spinta propulsiva verso nuovi modelli di business, ha riservato all’M&A un ruolo sempre più strategico di sviluppo industriale.
La ricerca di sbocchi di innovazione più veloce e immediata da parte delle aziende incontra, sulla sponda opposta, la necessità di individuare investimenti di rischio ponderati per una liquidità gigantesca, così, nonostante l’attuale incertezza, le attese di crescita del settore M&G si mantengono secondo il Forum dedicato di Sole 24 Ore.
I dati del 2021 danno un totale M&A di 705 operazioni per un valore di 85 miliardi, quasi il doppio rispetto al 2020 ma anche al 2019. Tra i settori interessati spiccano per numero di operazioni il settore industriale e chimico (195), consumer (132) e technology (88). In termini di valore, la classifica porta al primo posto il settore infrastrutture e costruzioni (€ 22.312 mln), quindi telecomunicazioni (€ 11.897 mln) ed energeie (€ 10.583 mln). I megadeal, cioè le operazioni con un controvalore superiore a un miliardo di euro, hanno totalizzato 60 miliardi. Ma anche le operazioni di dimensioni più contenute, i mid market, sono cresciute rispetto al 2019 di oltre il 55%, portandosi a quota 24,6 miliardi di euro.
Francesco Cardinali, senior country officer Jp Morgan in Italia, ha dichiarato al Forum di Sole 24 Ore non più tardi di maggio scorso, quindi a conflitto e inflazione già in piena attività, che “nel 2022 il flusso di capitali istituzionali continuerà a essere alimentato da temi che sono diventati centrali per il nostro Paese, primo fra tutti lo sviluppo infrastrutturale anche in funzione e al servizio della spinta alla innovazione tecnologica e digitale del nostro paese e della transizione energetica”. Resta inoltre confermata l’attrattiva del made in Italy nelle cosiddette quattro A: alimentare, abbigliamento, arredamento e automazione. Oltre al crescente peso dell’high-tech, fintech e agglomerazioni verticali per il controllo delle supply-chain.
Cosa si prevede per il 2022, sempre che il termine previsione abbia ancora un senso di questi tempi?
Secondo il rapporto E&Y “M&A in Italia Review 2021 e Preview 2022” di gennaio 2022, quindi a conflitto non ancora scoppiato ma con la l’inflazione e la crisi delle supply chain già in atto, la persistenza della necessità di trasformare i modelli di business e operativi attraverso la revisione della catena di fornitura, dell’efficienza operativa e di nuove modalità di ingaggio dei clienti fa pensare che il trend non cambierà per il 2022, tanto più in un contesto di limitata disponibilità di capitali specie nelle PMI. Ma alcuni fattori che sono subentrati da febbraio continuano ad aleggiare senza certezze circa quanto dureranno e come impatteranno le economie globali.
Se la normalità non verrà stravolta, E&Y ritiene di poter confermare i seguenti trend:
· disponibilità di elevata liquidità da parte di aziende e famiglie italiane;
· opportunità/necessità per le imprese di innovare i modelli operativi e di business attraverso l’apertura del capitale a risorse di capitale e know-how
· alcuni settori italiani resteranno interessanti per i fondi d’investimento stranieri, Tech-Healthcare-Pharma-Consumer (su brand particolarmente solidi), Manufacturing e Finance
· il trend ESG non verrà annullato dalla crisi energetica, specie sulle altre componenti oltre all’ambiente, quindi persisteranno dinamiche transazionali mirate all’assolvimento dei criteri e al raggiungimento degli obiettivi che richiameranno capitali e o partnership strategiche
· se il PNRR non subirà rallentamenti, sarà esso stesso fonte di nuove alleanze e integrazioni
· i settori strategici dell’economia italiana resteranno al centro degli appetiti internazionali: energia, telecomunicazioni, life-sciences, macchinari industriali, automotive, retail & consumer.
Tema di grande interesse quindi per imprenditori, top manager, consulenti e mediatori.
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